Marketing mix strumento tattico per la strategia di brand

Marketing mix strumento tattico per la strategia di brand

Il marketing mix è un ottimo strumento tattico utilizzato sia nel marketing strategico che in quello operativo. L’insieme delle azioni e delle strategie volte alla valorizzazione e vendita di un prodotto o servizio costituiscono dunque il Marketing Mix, teorizzato nel 1960 da Edmund Jerome McCarthy e riassunto nella “regola delle 4 P”: Product, Price, Place, Promotion che, nei due decenni successivi, ha subito alcune variazioni.

In una fase nuova che si sposta sulle piattaforme digitali, l’utente non viene più considerato passivo, questo spiega l’introduzione della quinta “P”: People. L’attuale modello a “7 P” è stato teorizzato da Booms e Bitner i quali, oltre a “People”, hanno ritenuto aggiungerne altre due: Process e Physical Evidence.

Il marketing, tuttavia, è una materia mutevole e difatti nel 1993 Lauterborn rivede la classificazione precedente, teorizzando le 4C del consumatore: Customer need, Cost to consumer, Convenience, Communication.

Vediamo di spiegare velocemente in cosa consistono questi elementi:

Product: è importante sviluppare o modificare il prodotto in base alle caratteristiche ed esigenze del mercato al quale ci si rivolge, dunque è necessario conoscere approfonditamente il mercato e il target di riferimento.

Price: non possiamo assegnare al nostro prodotto o servizio un prezzo iniquo, troppo alto o troppo basso rispetto alla percezione che il cliente ha di questo. Anche alla luce di ciò, non sono da sottovalutare pratiche quali scontistica, buoni omaggio, termini e condizioni di pagamento etc… Indubbiamente utile sarebbe tenere conto di tre forti strategie:

  • penetrazione del mercato;
  • scrematura del mercato;
  • strategia neutrale.

Place: i canali di diffusione del nostro prodotto o servizio non possono essere scelti a caso o trattati tutti allo stesso modo. Si tratterà di studiare, sempre in riferimento al mercato e al target, il modo migliore di presentare i prodotti attraverso diversi canali.

Inutile è un investimento di risorse troppo ad ampio spettro, perché ridurrebbe la percentuale di successo e toglierebbe efficacia ai canali più titolati e proficui. Per questo una buona azione di benchmark sul placement dei competitors potrebbe rivelarsi importante.

Promotion: scegliere e mixare con cura le varie tipologie di promozione attraverso le quali poter diffondere e fare apprezzare il prodotto o servizio è un altro fattore fondamentale. Oggi abbiamo la possibilità di scegliere tra i canali tradizionali come giornali, cartellonistica, tv o radio e quelli più moderni come il web advertising, il social networking oppure il direct marketing. Da non sottovalutare, tuttavia, due metodi semplici ma efficaci, che non sempre però possono essere facilmente gestiti da noi. Pubbliche relazioni, in primis, e passaparola in seconda battuta.

People: l’insieme delle persone appartenenti al nostro target di riferimento ha il ruolo fondamentale di darci le chiavi per comunicare il prodotto nel modo migliore. Inoltre, anche le persone che rappresentano il prodotto devono rispecchiare i valori e dare modo ai consumatori di identificarsi con loro. A ciò, deve aggiungersi un plus che molte aziende adottano, ovverosia una formazione ad hoc per ogni collaboratore, in base al proprio ambito di lavoro.

Process: la strutturazione e l’ottimizzazione di tutti i processi che hanno a che vedere con la fornitura di un prodotto sono fattori che danno ai clienti la percezione dell’organizzazione ed efficienza aziendale, quindi contribuiscono a trasmettere valori positivi (…o negativi!). Inoltre, gli stessi processi possono influenzare in maniera altrettanto positiva (o negativa) anche i costi aziendali.

Physical evidence: la migliore delle pubblicità per una qualunque attività è l’opinione di coloro che hanno sperimentato il prodotto o servizio in oggetto. Non è infrequente che un potenziale acquirente cerchi su internet le recensioni e le opinioni scritte da chi ha già acquistato e provato personalmente il prodotto.

A completamento di questi 7 elementi abbiamo aggiunto le 4 C del Consumatore. Teorizzate nel 1993 dallo studioso Lauterborn, le 4 C vengono inizialmente messe in contrapposizione o in sostituzione delle 4 P di McCarthy. In realtà il punto fondamentale di svolta dato dalla teoria di Lauterborn è stato esclusivamente quello di mettere il Consumatore al centro della questione “Marketing”. Il focus si sposta dal prodotto al consumatore.

Customer Value: è il valore che il consumatore attribuisce al prodotto in base a come lo ha recepito. Immedesimazione con le sue esigenze, quindi.

Customer Costs: il costo che il cliente è intenzionato a pagare per acquistare il prodotto o servizio in questione. Da non sottovalutare il paragone con il costo di un prodotto concorrente, da tenere sempre sott’occhio.

Customer Convenience: è la facilità con cui il consumatore riesce ad accedere al prodotto e l’azienda si deve preoccupare di rendere questa accessibilità più semplice possibile. Facilità che si può tradurre anche in “comodità”. L’utente ricerca sempre più velocità e meno disagi e l’avvento di Internet ne è sicuramente una declinazione molto vantaggiosa per l’impresa, che deve avvicinarsi al cliente.

Customer Communication: ovvero Comunicazione orientata al Cliente e cioè atta a costruire un legame di forte fiducia con questi (il cliente). Comunicazione che va oltre la “promozione”, in quanto da un messaggio “unilaterale” si incentiva la creazione di un dialogo vero e proprio.

Dunque , si può dire che nel 1993 viene lanciato un nuovo punto di vista dal quale ripartire per osservare e studiare il modo di fare marketing.

Indice

Landing Page

Landing page può tradursi, letteralmente, in “pagina d’atterraggio”. Sebbene si riveli molto generica, di primo acchito è sicuramente utile a rendere, a grandi linee, l’idea. A monte c’è, ovviamente, una pianificazione strategica ben definita con l’obiettivo unico di indurre un utente a compiere una data azione.

Lo scopo non è altro che quello di “trasformare” i visitatori del sito in contatti (lead) o clienti (stabilire una “conversione”).

  • squeeze page: è il caso maggiormente diffuso. La relazione che si stabilisce con l’utente avviene attraverso la compilazione volontaria di un form. Ogni singolo dettaglio di quella pagina è studiato per indurre il visitatore a compiere l’azione altrimenti, anziché contare sulla successiva vendita, l’utente si trasformerà in un costo “inutile”;
  • sales page: tipica dell’e-commerce, l’intento è quello di ingenerare una necessità – soddisfacibile attraverso i propri prodotti – che comporti, ovviamente, un acquisto.

L’utilizzo delle landing page è frequente nella combinazione newsletter e campagne di web marketing, infatti, sono in grado di chiarire il flusso dell’informazione, per via della semplicità della composizione, che permette di conoscere le scelte dell’utente finale, grazie ai dati raccolti.

Vuol dire che, attraverso una data struttura e l’inserimento di specifici codici, è possibile capire quali sono state le attività degli utenti sulla landing page, per esempio, quali call to action (pulsanti di azione) sono state cliccate e quali no.